martedì 26 ottobre 2010

La strada verso la coerenza #1


Se posso raccontare e condividere con voi le mie esperienze in fatto di vivere etico (qui), non vedo perchè non scrivere e descrivere la mia strada verso la coerenza. Incoerentemente. I miei errori di persona qualunque.
Fino a poco tempo fa tutte le questioni che adesso condivido tramite questo blog non riuscivo a concepirle così nitidamente. Sentivo che intorno a me, nello stile di vita che seguivo, c'era una nota stonata ma non riuscivo a coglierla. Poi pian piano parlando con persone con molta più esperienza di me, leggendo libri, guardando film e documentari ho cominciato a percepire questa stonatura.
Non pretendo di aver capito quale sia la verità ma la mia intenzione è quella di perseguirla attraverso le azioni corrette nella vita di tutti i giorni, nelle scelte circa lo stile di vita da seguire, nel rifiuto di certe dottrine imposte (non solo politiche o religiose). Non mi considero un illuminata, non penso di essere migliore di altri; anzi sono consapevole di essere ancora una bambina che si trova di fronte a qualcosa di veramente grande, complicato e forse impossibile da conoscere.
Qualcuno mi ha dato della "capitalista" perchè, per dirla in modo comune, "predico bene e razzolo male", predico il boicottaggio ma ho una vita agiata, critico gli opportunisti e poi non sono coerente nella mia vita. Posseggo i surplus tipici della mia società: un pc, una moto tutta per me, sono studentessa universitaria fuoricorso da mille anni e non mi faccio mancare nulla. Che ho tutto il desiderabile, e ben oltre, non lo mettevo in dubbio nemmeno quando a 9 anni chiedevo una bambola nuova. Ma arrivare ad un certo punto della propria vita e prendere la decisione di vivere in una determinata maniera, non me ne vogliate -è una parola che leggete molto qui-, di vivere eticamente (dove eticamente non significa vivere in una grotta con indosso solo un saio, ma significa essere consapevoli di ciò che si acquista, pretendere che le imprese offrano prodotti non dannosi e producano nel rispetto dell'ambiente, dei lavoratori, dei consumatori,.. ed essere consapevoli delle scelte che si compiono per la propria vita) per quanto mi riguarda è motivo di grande soddisfazione personale. Quello che ho capito (che non è nemmeno tutto) l'ho appreso cercando informazioni che poi ho messo "a giudizio" con la mia coscienza e mi sono resa conto che vivere come, mi permetto un azzardo, ci viene imposto (e qui si và ben oltre la romantica idea adolescenziale del "combattere il sistema" perchè lo stile di vita ci viene imposto nelle più piccole sciocchezze, come ad esempio nella pubblicità) non fa proprio per me, non l'ho trovato corretto. E' naturale poi che non si può pretendere di cambiare da un giorno all'altro, il cambiamento è progressivo e và di pari passo con ciò che si apprende e con l'esperienza.
Chi mi ha dato della capitalista mi ha fatto riflettere proprio su questo. Non vorrei mai che leggendo ciò che scrivo su questo blog si intravveda una persona che sia capace solo di predicare buoni propositi senza, però, agire di conseguenza. Io sto imparando, ora e nel futuro, e non pretendo di dare lezioni a nessuno; tuttalpiù condividere la mia esperienza e le informazioni che possono essere utili anche agli altri (come ad esempio quelle sulle multinazionali).
Il fatto è, com'è giusto e naturale che sia, che per coloro che si imbattono in persone che sono alla ricerca di un cambiamento così radicale, che sconvolge totalmente le regole implicite che la società di oggi si è autoimposta, è molto facile pretendere una trasformazione totale e definitiva da queste stesse. Forse perchè questo gli darebbe modo di provarci. Invece la difficoltà e l'impossibilità di vedere subito dei cambiamenti li spaventa e li porta al rifiuto.
Vi risparmio altre analisi da psicanalista della mutua, quale sono, e spero che dopo tutto questo popò di discroso abbiate capito le mie intenzioni, buone e disinteressate.

Giada Iovino

Un augurio dal cuore.



Quale modo più simpatico per esprimere il ribrezzo verso cotanta ipocrisia e ignoranza.

mercoledì 20 ottobre 2010

Vivere etico #1 Spesa etica & #2 Fai-da-te etico.


#1 Spesa etica al NaturaSì
Oggi finalmente sono andata al NaturaSì, mini supermercato dove è possibile trovare alimenti biologici e quanto di utile per il consumo etico e critico.
Più che altro è stata una visita di perlustrazione, un po' per dare un occhio ai prezzi e poter fare un confronto e un po' per vedere effettivamente quali prodotti fornisce. Sicuramente si può fare una spesa completa perchè si trova tutto l'indispensabile (che poi nella nostra vita di oggi è anche il superfluo). L'ambiente trasmette molta tranquillità, anche se forse un po' mi sono lasciata suggestionare. Apparentemente può sembrare sfornito perchè gli scaffali non sono molti e contengono poca merce ma probabilmente, conclusione da pura consumatrice, è una scelta data dal fatto che la maggior parte dei prodotti non contengono conservanti. Mi è capitato di andare in un negozio simile in provincia di Milano (non era della catena NaturaSì) e posso constatare che sono molto simili.
La scelta dei prodotti alimentari è ampia riguardo ai contenuti: ho visto, ad esempio, almeno 5 tipi diversi di farine (nei supermercati tradizionali cominciano a vedersi da poco e comunque non è paragonabile), alimenti etnici, per vegani e celiaci. Quello che mi interessava di più erano i prodotti per la pulizia e per la cura del corpo; per quanto riguarda i primi c'è anche la possibilità di fornirsi attraverso delle macchinette automatiche che erogano il detersivo nelle bottiglie riutilizzabili, evitando lo spreco inutile di plastica. I prodotti per la cura del corpo sono totalmente privi di ingredienti dannosi e anche per questi posso dire di aver trovato un'ampia scelta.
Arriviamo alla nota dolente: i prezzi. Certo non si può dire che si tratta di un negozio dove si risparmia. Tutti i prodotti costano allo stesso modo o di più di quelli della grande distribuzione. Non c'è molto su cui discutere. Tutto stà nella scelta di chi compra. Consapevoli che siamo noi che dettiamo le regole del mercato, e che quindi le imprese offrono quanto da noi richiesto, la mossa giusta, a mio parere, è quella di continuare a fornirsi nei negozi di fiducia ben selezionando, però, ciò che si compra (i prodotti delle multinazionali) e leggendo bene le etichette (eventualmente rimandare l'acquisto dopo aver fatto ulteriori ricerche su internet); in questo modo già la situazione migliora e vi posso assicurare che ci guadagna anche il portafoglio (oltre che la salute e l'ambiente). Poi nei negozi come NaturaSì ci si fornisce di quelle cose che proprio non è possibile reperire altrove e quelle per le quali non si vuole scendere a compromessi; ad esempio, come ho scritto sopra, acquistando prodotti per l'igiene personale e per la pulizia che sì, costicchieranno un pochino, ma ne và della salute e si impara anche a non sprecare prodotto inutilmente (parola di una sprecona in via di guarigione!).
L'ideale poi sarebbe darsi al fai-da-te, anche se mi rendo conto che serve il tempo e non tutti ne hanno. A questo proposito vorrei introdurre la mia esperienza in questo senso e condividerla, da oggi in poi, con voi (nei miei successi e nei fallimenti!)....
...#2 Fai-da-te etico: la cura della persona
Da qualche tempo ho cominciato ad informarmi sugli ingredienti dei cosmetici e in generale dei prodotti per la cura del corpo (non si tratta solo di vezzi femminili, ma proprio di cura/"pulizia" della persona!). Grazie ad internet ho potuto conoscere il mondo del fai-da-te in questo campo (in linguaggio tecnico "lo spignattamento"), tramite forum e YouTube (qualche link alla fine del post), e mi sono resa conto che tantissime persone si dedicano alla creazione di prodotti per la cura e la pulizia del corpo e soprattutto che il più delle volte questi sono il risultato di operazioni a prova di idiota (cioè semplicissime). Orbene. Inutile dire che sono partita dalle cose più semplici (avete presente il "a prova di idiota" ?? ): un detergente viso, cerottini purificanti, un tonico viso e un deodorante. I miei "spignatti" contegono in media 2 ingredienti a costo quasi zero e completamente eco-sostenibili; gli stessi prodotti ma di origine industriale contengono in media 20 ingredienti, non sono a costo zero e non sono eco-sostenibili. Ne vogliamo parlare?
Per ora sto testando su me stessa (altro che esperimenti sugli animali!!) le mie creazioni e non posso darvi un parere definitivo perchè sono passate solo un paio di settimane. Riservo i commenti definitivi (e le ricette?) a post futuri (su Ecologica_mente).

Giada Iovino

Link:
Disinformazione (Portale alimentazione, economia, salute, etc)
Promiseland (Portale vivere etico)
L'angolo di Lola (Forum, ricette fai-da-te)
Sai cosa ti spalmi? (Portale di ricette fai-da-te, forum, etc)
Il canale Youtube di CarlitaDolce (Tutorials ricette fai-da-te)

martedì 12 ottobre 2010

Noi e gli altri.


Noi, con i nostri genitori, frequentavamo spiaggie recintate, pulite e sorvegliate; e facevamo il bagno con grande cautela, muniti di salvagente e canotti leziosamente colorati. Quegli altri si avventuravano da soli in acque scure e minacciose muniti di oggetti grezzi e virili, metafore della loro capacità di sbrigarsela, comunque. La capacità che noi non avevamo e che in qualche modo avremmo dovuto imparare a nostre spese.
Avevo sentimenti contraddittori rispetto a loro. Ufficialmente, e in accordo con la retorica moralistica della scuola e di certi adulti, li compativo. Appartenevano a famiglie povere e disagiate, stavano per strada perchè non avevano altri posti dove andare e spesso erano costretti a lavorare come garzoni nei panifici, nelle salumerie, nelle drogherie. Se andavano a scuola venivano ripetutamente bocciati e, insomma, erano destinati a diventare dei poco di buono.
Segretamente, li invidiavo per la loro vitalità, il disprezzo del pericolo, la capacità di collegare immediatamente l'impulso all'azione. E per le stesse ragioni mi facevano paura. Ci facevano paura. Eravamo ossessionati da quei ragazzi e questa ossessione nasceva da tanti episodi in cui qualcuno di noi aveva subito un sopruso, un'aggressione o anche una piccola rapina.


Tratto da: Nè qui nè altrove - Una notte a Bari- di G. Carofiglio 2008

venerdì 8 ottobre 2010

Pubblicità regresso: il femminismo.


[Attenzione: linguaggio scurrile]
Questa foto per affrontare uno degli argomenti più gettonati del momento. Lo sfruttamento dell'immagine femminile e la riduzione della stessa a semplice oggetto. La questione, ampiamente dibattuta, ridotta all'osso riguarda la presenza di sgallettate nel nostro magico parlamento e i relativi comportamenti del capo del governo italiano.
Da donna dovrei sentirmi forse offesa dalla visione di più o meno svestite con una carriera più o meno discutibile? Dovrei sentirmi violata dalle battute spiritosamente idiote di un ultrasettantenne con l'erezione facile? Dovrei incazzarmi alla notizia di quattro giovani selezionate, magistralmente, per fare compagnia all'amico d'affari del sopra citato amico dal "pene all'insù"?
No. Non mi incazzo, non mi sento offesa. Non mi sento violata nel mio essere donna. Invero mi ritrovo a ridere di gusto davanti a ministre che si atteggiano professionali quando hanno ancora inconsapevolmente la bocca sporca e quando leggo e ascolto le voci indignate di donne che, al contrario mio, si sentono molto offese da queste buffonate.
Ci sono cose che mi fanno imbestialire: il fatto che la meritocrazia nel mio paese non esista, che tutti la invocano ma se gli capita l'occasione buona..., il fatto che i miei concittadini pretendono rispetto quando si mettono reciprocamente i piedi in testa anche solo per un posto auto.
Le donne vanno rispettate al pari di qualsiasi altro cittadino, è vero. Ma cosa si può pretendere quando siamo cresciuti a pane e "Drive in" e pane e "Non è la rai"? Tutto questo teatrino di ministre sgallettate e donne manifestanti pateticamente condito da pubblicità che invitano donne vittime di maltrattamenti a denunciare tale violenza, notizie di persecutori (per gli affezionati di cronaca e di linguaggio made in USA gli "stalker") che sembrano essere in ogni dove e quelle di stupri quotidiani.
In tutto ciò cosa vedo? Il ritratto di donne deboli, vittime, incazzate, belle e oche ma comunque e in ogni caso strumentalizzate. Strumentalizzate tutte, indistintamente, per cercare l'attenzione su questi argomenti e per toglierla da ben altri, argomenti che riguardano gli affari attuati a danno della collettività.
E per quanto riguarda la foto...bè probabilmente aumenterà il numero di visite a questo blog (in tal caso provvederò ad aggiungere un'apposita etichetta!)...ma si sà..un pelo di figa tira più di un carro di buoi.

Giada Iovino

mercoledì 6 ottobre 2010

Consumo critico #4: Unilever e Procter & Gamble (aggiornati al 2009)


UNILEVER
INDIRIZZO PRINCIPALE: Unilever Plc, PO Box 68 Unilever House, Blackfriars, London EC4P 4BQ, Gran Bretagna; Unilever NV, Weena 455, Rotterdam, Zuid-Holland 3013, Olanda.
www.unilever.com
IN ITALIA: Unilever Italia S.R.L., Via Paolo di Dono 3/A, 00142 Roma.
www.unilever.it
Unilever è una compagnia anglo-olandese proprietaria di molti tra i marchi più diffusi nel campo dell'alimentazione e delle bevande, dei prodotti per l'igiene e per la casa.
Unilever nasce nel 1930 dalla fusione di due società, l'inglese Lever Brothers e l'olandese Margarin Unie. Dal 1930 ad oggi l'azienda è stata protagonista di un'ascesa e di un'espansione che l'hanno resa tra le multinazionali più potenti sul mercato. Essa è controllata non da una, ma da due società con il proprio azionariato di riferimento e le sedi in due Paesi diverso (Olanda e Gran Bretagna).
Nel settore alimentare è seconda dopo Nestlé con un giro d'affari di circa 40 miliardi di euro e 5 milioni e mezzo di utili.
La fabbrica Hindustan Lever Ldt (HLL) di Mumbai (Bombay), divisione di Unilever in India, è conosciuta per aver violato sistematicamente la legislazione indiana ed è stata riconosciuta colpevole per vari anni e da ogni Tribunale del sistema giudiziario indiano, inclusa la Corte Suprema del Paese (Fonte: Guida al consumo critico, Centro Nuovo Modello di Sviluppo, EMI, Bologna, 2008). La stessa HLL ha fatto di tutto per eliminare la sindacalizzazione dei propri dipendenti. Nel 2005 ha organizzato una vendita destinata a chiudere la fabbrica, per trasferire la produzione in quegli stati indiani dove c'è una fiscalità più favorevole e dove il sindacato viene estromesso. Il trasferimento della HLL a una società chiamata Bon Limited, la quale però non aveva i fondi necessari per far funzionare la fabbrica, ha causato l'arresto, nel luglio 2006, delle attività produttive della fabbrica di Bombay. Alla fine, si è rivelata una falsa vendita, con procedure di licenziamento e chiusure illegali, violazioni che sono gravi non solo per la legge indiana, ma anche per le ilee guida dell'OCSE sulle multinazionali, le quali stipulano che le filiali straniere debbano rispettare la legislazione nazionale dovunque operano (Fonte: Oppidum - Osservatorio Popolare Permanente sulle Imprese e sui Diritti Umani- [il sito non è al momento disponibile N.d.R.]).
Un rapporto del 2007 di Friends of the Earth segnala che Unilever si rifornisce da Wilmar, produttrice di olio di palma, che in Indonesia viola la normativa ambientale e calpesta i diritti delle comunità locali, appiccando incendi a grossi tratti di foresta per procurarsi nuovi terreni da coltivare.
Action Aid nel 2005 denuncia le condizioni dei lavoratori delle piantagioni di tè nel Sud dell'India dell'impresa Hindustan Lever, controllata dalla multinazionale: le loro paghe sono state ridotte del 10% dal 1995 costringendoli a indebitarsi per sfamare le loro famiglie, mentre per gli azionisti i dividendi sono triplicati.
In Kenya, sempre nelle piantagioni di tè di Unilever, ai braccianti sono assegnati gratuitamente alloggi chiamati "cubicoli", dove l'intera famiglia deve condividere un'unica stanza e utilizzare latrine in comune con altre.
Dal 2004 al 2006 Unilever ha tagliato 40.000 posti di lavoro e ha intenzione di tagliarne altri 20.000, anche se al contempo il suo fatturati, come gli utili, è aumentato.
La politica di Unilever è di non firmare accordi di gruppo, privilegiando la contrattazione decentrata a livello di singoli Paesi o di stabilimenti, per poter approfittare delle situazioni in cui il sindacato è debole, come in India o in Brasile.
Come pratiche antisindacali c'è anche l'uso della polizia: nel 2007 in Pakistan, dopo nove mesi di occupazione, c'è stato un intervento ai danni di 292 precari che volevano ottenere il contratto a tempo indeterminato previsto dalla legge: le forze di polizia li ha "guidati" in una stanza dove i dirigenti li hanno costretti a firmare le dimissioni.
The Ecologist ha analizzato gli ingredienti dei profumi Axe commercializzati da Unilever trovando sostanze tossiche come composti del petrolio, solventi, alcool e metalli pesanti. 
I prodotti di Unilever non possono essere garantiti "OGM free" e quelli per l'igiene e la casa sono testati su animali (Fonte: Guida al consumo critico, Centro Nuovo Modello di Sviluppo, EMI, Bologna, 2008).
N.d.R. Su entrambi i siti (www.unilever.com e www.unilever.it) è presente una sezione denominata "sostenibilità" nella quale la multinazionale illustra i progetti che intendono intervenire sull'impatto ambientale o sulla condizione dei lavoratori, sbandierando collaborazioni con UNICEF o l'OMS. Come sottolineo sempre, sta ad ognuno di noi valutare la serietà di questi impegni e decidere se è il caso di evitare di acquistare i prodotti Unilever.


PROCTER & GAMBLE
INDIRIZZO PRINCIPALE: The Procter&Gamble Company Inc., I Procter Gamble Plaza, Cincinnati, Ohio, 4502-331 USA.
www.pg.com
IN ITALIA: Procter&Gamble Italia S.p.A., Via C. Pavese 385, 00144 Roma.
www.pg.com/it_IT
E' una multinazionale statunitense al 74° posto nella graduatoria mondiale e al 1° nel settore della cosmesi e detergenza, posseduta per il 58% da banche, assicurazioni e fondi d'investimento. Nel 2007 ha fatturato 76,5 miliardi di dollari per il 27% nei Paesi del Sud del mondo. Produce e commercializza prodotti per il corpo, per la casa, per alimentazione umana e animale, carte igieniche, assorbenti, pannolini, lamette, rasoi, spazzolini a batteria. E' fra i più grandi commercianti di caffè al mondo, attraverso la Folgers.
Ha circa 700 controllate in tutto il mondo. E' prima nel mondo per spese pubblicitarie con 8,5 miliardi di dollari nel 2006. Sul suo sito pubblica dati esaurienti sull'impatto sociale e ambientale delle sue attività (qui in italiano N.d.R. Come detto più sopra sta ad ognuno valutare l'affidabilità di queste informazioni e l'impegno dell'impresa.).
Nel 1996 una fuoriuscita di oli minerali nello stabilimento irlandese di Nenagh ha contaminato vari pozzi d'acqua, lasciando la gente senza per più di una settimana (Fonte: Ethical Consumer, 63/2000). Nel 1997 ha sostenuto l'associazione americana "Keep American Beautiful", creata dalle industrie di imbottigliamento con lo scopo di non far passare alcuna legge contro le bottiglie "usa e getta" (Fonte: Ethical Consumer, 63/2000) (Fonte: edizione 2003). 
Nel solo 2007 ha investito 2 milioni di dollari per fare lobby sulle autorità governative statunitensi e fa regolari donazioni ai partiti.
Dopo aver acquisito Gillette nel 2005, ha licenziato 5.000 persone.
Per l'olio di palma si rifornisce da Wilmar che in Indonesia appicca incendi sistematici per ottenere nuovi terreni da coltivare, violando le norme ambientali e i diritti delle comunità locali (come detto per Unilever N.d.R.). Fa parte di un'associazione (Business Round Table) che ha lo scopo di fare pressione sul potere politico affinchè compia scelte economiche favorevoli alle grandi imprese (Fonte: Equonomia, marzo 1998); ha esercitato forti pressioni sull'ente americano Food and Drug Administration per ottenere l'autorizzazione ad impiegare Olestra, un prodotto di sintesi da utilizzarsi come sostituto dell'olio e che può indurre il mancato assorbimento di vitamine liposolubili e può provocare diarrea (Fonte: edizione 2003).
Secondo la rivista Earth Island Journal (Fonte: Winter 99/2000 pag.31), le patatine Pringles vendute in nord America contengono OGM.
Nel giugno 1999 ha annunciato la chiusura di 10 impianti in varie parti del mondo, licenziando 15000 dipendenti, pari al 15% della sua forza lavoro (Fonte: Il Sole 24 ore, 10.6.1999). Sempre nel giugno del 1999 le imprese cosmetiche del gruppo: Cover Girl, Max Factor, Noxell, Olay, Pantene, Richardson Vicks e Vidal Sasson, sono state indicate da PETA (People for the Ethical Treatment of Animals) come imprese che utilizzano semilavorati sperimentati abitualmente su animali (Fonte: Ethical Consumer, 63/2000). Inoltre Greenpeace, in una conferenza stampa tenuta a New Delhi il 6.6.2001, ha confermato che anche sul mercato indiano sono entrati cibi OGM (Fonte: edizione 2003).
Insieme a Kraft, Nestlé e Sara Lee, acquista il caffè a basso prezzo in Etiopia, sesto esportatore mondiale, i cui 15 milioni di abitanti che vivono della sua produzione e trasformazione guadagnano appena 20-25 centesimi di dollaro al chilogrammo a fronte del prezzo di mercato di 2,3 dollari.
In Brasile Procter&Gamble acquista cellulosa da Aracruz che nel 2006 ha utilizzato la polizia per irrompere in due villaggi di Tupinikim e Guarani cacciandone gli abitanti con la forza e la pretesa del possesso dei terreni che le erano stati concessi, sempre tramite esproprio, ancora durante la dittatura. Sebbene le associazioni Robin Wood e Green Desert Movement abbiano denunciato le violenze della multinazionale, questa ha negato ogni responsabilità e continuato ad acquistare da Aracruz.
L'associazione statunitense Global Labor Strategies segnala Procter&Gamble tra i primi esponenti del mondo impreditoriale che nel 2007 si sono attivati in Cina per fare lobby sui legislatori nel momento che questi stavano per approvare una legge sul lavoro che avrebbe migliorato le condizioni lavorative nelle fabbriche e aumentato i salari, facendo crescere però i costi per le aziende.
Tra il 2005 e il 2007 ha pagato 360.000 dollari per 160 violazioni di norme ambientali. E' posizionata in coda nelle classifiche stilate da WWF e Greenpeace sulla responsabilità ambientale.
Nel 2005 P&G è stata denunciata insieme ad altre produttrici di snack dallo Stato della California, per la mancata informazione ai consumatori sulla presenza di una sostanza cancerogena, l'acrylamide, che si forma per le alte temperature di cottura in prodotti come le patate fritte.
Anche per i cosmetici, l'impresa non si risparmia nell'uso di sostanze ritenute tossiche e cancerogene che danneggiano l'organismo dei consumatori e di chi le produce, ma anche l'ambiente; sostanze bandite da alcune legislazioni. Ciononostante la multinazionale ha rifiutato di firmare un codice proposto da Campaign for Safe Cosmetics volto a regolare l'utilizzo di tali sostanze in base a criteri più sicuri ed esaustivi, al quale hanno invece aderito 300 aziende.
P&G è sotto boicottaggio da parte di Uncaged per il suo coinvolgimento nella sperimentazione animale (Fonte: Guida al consumo critico, Centro Nuovo Modello di Sviluppo, EMI, Bologna, 2008).

Tratto da:
Miniguida al consumo critico e al boicottaggio. Realizzata da Movimento Gocce di giustizia. Ed. Monti, 2009.
- Miniguida al consumo critico e al boicottaggio. Realizzata da Movimento Gocce di giustizia. Ed. La Tortuga, 2003.

Post introduttivo all'argomento consumo critico qui.
Elenco prodotti Unilever, Procter & Gamble e delle altre multinazionali qui.
Atre informazioni sulle multinazionali potete trovarle su Transnationale.

Nomadi non nomadi.



E' da molto tempo che vorrei spendere qualche parola su questo argomento. L'occasione ulteriore mi è stata data, qualche settimana fa, dal presidente della Repubblica della Francia il quale, attraverso una criticata operazione legislativa, ha inteso espellere nomadi non regolari presenti nel territorio francese. La mia intenzione non è quella di commentare tale questione anche perchè, provando ad informarmi qua e là, non è che sia riuscita a capire effettivamente chi, cosa e quali modalità prevedesse quella legge (o decreto? mah..misteri che attraverso le (dis)informazioni dei giornalisti di oggi non comprenderemo mai). La mia opinione sui popoli nomadi l'ho sempre avuta ma prima di scrivere qualsiasi cosa ho cercato qualche informazione in più.

Dal dizionario:
NOMADE: agg. m e f - caratterizzato da nomadismo, in partic. si dice di gruppo etnico che pratica il nomadismo. [Dal latino nomade che è dal gr. nomàs - àdos, deriv. di nèmein "pascolare", propr. "chi erra con il suo gregge"].

NOMADISMO: n. m - 1. regime di vita proprio dei popoli o tribù che non vivono in maniera stabile su un territorio, ma si spostano entro aree più o meno vaste a seconda degli andamenti stagionali e climatici, il nomadismo degli zingari. [...]


Da Wikipedia (criticata da molti, io credo, invece, che offra numerosi spunti e nozioni base per poter poi approfondire attraverso altri canali di informazione.)
ZINGARI, zigani, zingani, gitani sono termini generici usati per indicare un insieme di diverse etnie, originariamente ritenute nomadi. Attualmente il nomadismo interessa solo una minoranza di queste popolazioni. A causa della connotazione negativa che la parola "zingari" ha assunto, alcuni ritengono politicamente scorretto definirli con questo termine e perci vengono da alcuni superficialmente o erroneamente anche definiti nomadi (anche se la maggior parte non lo è più) rom (ma non tutti lo sono) sinti (nome di una delle numerose etnie) oppure in modo totalmente erroneo: slavi o rumeni (a causa della cittadinanza di molti di loro). Secondo diversi studiosi, il termine corretto da utilizzare sarebbe quello proprio dell'etnia o il termine più generale di popolazione romanì. Le popolazioni romanì sono in massima parte stanziali e hanno generalmente la cittadinanza del paese in cui vivono. [...]
Continua a leggere qui.
ROM (popolo) uno dei principali gruppi etnici della popolazione di lingua romanes/romanì che si presume essere originaria dell'India del nord. Il gruppo etnico dei rom vive principalmente in Europa, distribuito in una galassia di minoranze presenti principalmente nei Balcani, in Europa centrale e orientale. Non sempre di definiscono essi stessi rom perchè si identificano con la patria d'origine (è il casi dei rom rumeni ad esempio).
I rom in Italia, nel linguaggio giornalistico ed in quello comune, vengono erroneamente definiti "rumeni" o "slavi": in realtà non esiste nessuna connessione tra il termine rom e lo stato della Romania (al quale appartiene il popolo di lingua neolatina dei rumeni di lingua rumena) o con gli slavi (ai quali appartengono popoli di diverse etnie o lingue). [...]
Continua a leggere qui.

Bene. Ovviamente sono contraria ad azioni di tipo repressive da parte delle amministrazioni comunali, regionali o da parte dello Stato. Ma semplicemente perchè ritengo che non siano appropriate a risolvere un problema, di qualunque natura. Certo è che guardandomi attorno, soprattutto viaggiando in treno posso dire di aver visto delle situazioni che non mi sono piaciute affatto: posso capire che vengano riservate delle aree ai nomadi (lo so che dalle mie ricerche è risultato che ormai il nomadismo non lo pratica quasi più nessuna di queste etnie, ma come li vogliamo chiamare? E loro stessi come definirebbero la propria situazione?) ma non concepisco come queste aree possano essere trasformate in piccole cittadine, non ho visto solo roulottes ma prefabbricati di legno di piccole e notevoli dimensioni, impianti per la televisione satellitare, fili elettrici che dai pali dell'ENEL (e quindi deduco energia che altri pagano) arrivano dritti dritti all'interno degli alloggi o collegate a lavatrici lasciate esterne alle abitazioni. Tutto questo dovrebbe essere sinonimo di cosa? Se non sono nomadi allora perchè vivono come tali ma con le comodità della vita sedentaria? Senza contare quello che si può ammirare nelle zone che prima erano riservate all'accampamento di queste persone: rifiuti di ogni tipo dai materassi a sacchetti di plastica pieni di chissà cosa (e io mal tollero coloro che non rispettano l'ambiente). Non voglio entrare nel discorso che riguarda cosa facciano queste persone per sopravvivere, cerco di stare lontana dai luoghi comuni e mi attengo a quello che ho visto in prima persona così che nessuno (forse) possa pensare che parlo per nulla.
Quindi una persona come me, ritengo di appartenere alla categoria di coloro che non sognano leggi razziali e che pensano che la multiculturalità sia un valore aggiunto per un paese, che idea dovrebbe farsi di fronte ad una situazione del genere? Non mi piacciono i buonismi, le persone che cercano di coinvolgerli (o stravolgerli?) nella vita della comunità: battersi perchè i bambini vadano a scuola, portargli provviste d'acqua..ma non tanto perchè credo l'azione sia sbagliata in sè quanto perchè penso che loro abbiano la propria cultura e, nonostante facciano il nostro gioco, non hanno intenzione di adeguarsi (e qui si aprirebbe un discorso ancora più complesso..credo che le proprie radici vadano assolutamente conservate, nel rispetto delle altre ovviamente). Mi viene da pensare che coinvolti ci siano questioni ben più grosse, implicazioni nella gestione delle relazioni internazionali perchè altrimenti non mi spiego il motivo per cui le soluzioni che un governo trova sono l'una l'opposto dell'altra: l'espulsione indifferenziata oppure concessione di piccoli benefici che non hanno nulla di razionale (cosa significa delimitare queste persone nelle zone degradate tra autostrade e ferrovie e lasciare che vivano come ho descritto più sopra, ovvero sulle spalle di coloro che pagano tasse e ogni tipo di consumo?).
Ma per affrontare un problema in genere non bisognerebbe sapere in cosa questo consiste?
Forse se queste etnie, insieme ai governi che le ospita, si impegnassero davvero a cercare di darsi una consistenza, definiamola sociale-culturale, la questione non sarebbe più semplice?

Giada Iovino