giovedì 28 aprile 2011

L'evoluzione della pena: parte 2

Dalla pubblica piazza, alle ideologie illuministe, ai plastici di Bruno Vespa. Saggio a puntate
Le ideologie illuministe hanno influenzato le legislazioni successive, almeno quelle sensibili all'argomento.
Il Italia il fine rieducativo della pena venne sostenuto più volte dal Ministro Guardasigilli (chiamato in questo modo il Ministro della Giustizia) Zanardelli nella Relazione del Codice Penale del 1889 (predecessore del Codice Rocco del 1930, attualmente in vigore) "Interessa che la giustizia penale sia più correttiva che coercitiva". Nel Regolamento Generale per gli stabilimenti carcerari del 1891 si sostenne l'azione morale sui condannati e nel Regolamento Generale per gli Istituti di prevenzione e pena del 1931 si parlò di "Rigenerazione del condannato nell'esecuzione delle pene detentive e a questa finalità di emendamento, che è tra le più nobili ispirazioni della coscienza moderna, sono preordinati i capisaldi della riforma". La nostra Costituzione (in vigore dal 1948) abbraccia questa ideologia: al comma 3 dell'art. 27 è stabilito che "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato". E così anche l'art. 1 della L. 26 luglio 1975 n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà): "Il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona"
Con queste premesse l'Italia si preparava ad essere un paese attento (anche) ai diritti dei detenuti, al rispetto della loro dignità e, soprattutto, coinvolto nell'aspetto rieducativo certamente non trascurabile in un'ottica volta a riconsegnare alla società delle persone che non commettano nuovi reati.
Perchè allora, oggi, l'impressione che si ha è quella di un sistema giudiziario non funzionante ed abbandonato all'incompetenza di magistrati troppo permissivi? Quali fattori sono intervenuti? Cosa  si è intromesso nel progresso nato con l'Illuminismo e che ha portato ad un declino che approda nei talk show?
Non si può pretendere che tutte le persone conoscano il funzionamento dei processi penali, la natura di ogni singolo istituto giuridico, ... al contrario è doveroso esigere che chi offre le informazioni sia competente e preparato perchè si inserisce come tramite tra la macchina della giustizia e l'opinione pubblica.
I mezzi di informazione italiani, con una tendenza che è andata peggiorando negli ultimi 10 anni, offrono notizie gravemente intaccate da incompetenza, ignoranza e opinioni personali di chi le offre. 
E' proprio questo "fattore giornalisti" ad essere intervenuto nell'equazione "macchina della giustizia - opinione pubblica": è evidente che se l'informazione non è corretta la percezione che avrà l'opinione pubblica sarà alterata e del tutto diversa dalla realtà.
Se accanto a mezzi di informazione, poi, si inserisce anche la tortura mediatica dei talk show è palese il ritorno al Medioevo.
Prima di proseguire con qualsiasi analisi è bene, quindi, sfatare qualche mito:
- I problemi del sistema giudiziario non influiscono in alcun modo sulla commissione di reati: le problematiche in cui versa in questo momento la "giustizia" sono assimilabili a quelle che potrebbero riguardare un'impresa, sono di natura "amministrativa"; la tanto criticata lungaggine dei procedimenti, ad esempio, dipende solo ed esclusivamente dalla mancanza di mezzi, di persone (che sappiano fare bene il proprio lavoro), dalla mancanza di organizzazione. La piaga delle raccomandazioni è presente come in qualsiasi altro ambiente nel nostro Paese, ma questo è un problema di tipo culturale e necessita di discorso a parte; però è impensabile credere che un delinquente comune possa trarre beneficio dalla raccomandazione, ad esempio, di un Presidente della Corte di Appello.
- La privazione della libertà antecedente una sentenza definitiva (definitiva significa che non è più possibile proporre impugnazione, in linguaggio giuridico si dirà che è passata in giudicato) di condanna non è praticabile se non in determinati casi: la custodia cautelare opera soltanto in caso di (e per un periodo determinato): 1) pericolo di inquinamento delle prove, 2) pericolo di reiterazione del reato, 3) pericolo di fuga. Non indignatevi, quindi, se i giornalisti annunciano che un omicida, uno stupratore, o uno dei tanti delinquenti "amati" dal pubblico non viene sbattuto o lasciato in "galera" (per la cronaca la parola galera indica una grossa nave a remi mercantile o da guerra diffusa fino al XVII secolo, i galeotti erano i rematori, prigionieri di guerra o malfattori condannati).
- In Italia sono presenti 3 gradi di giudizio: il Tribunale (o Corte di Assise per determinati reati) e la Corte di Appello (o Corte di Assise di Appello per determinati reati) rappresentano i primi due gradi, i giudici valutano il merito, cioè decidono sui fatti e le questioni di diritto. La Corte di Cassazione rappresenta l'ultimo grado nel quale i giudici valutano soltanto le questioni di diritto, si occupano quindi di verificare la corretta applicazione della legge nei precedenti gradi (sono per questo giudici di legittimità). La sentenza del Tribunale può essere impugnata in Appello, così come quest'ultima può essere impugnata in Cassazione. Una volta scaduti i termini per impugnare, come detto più sopra, la sentenza passa in giudicato.
- Visto le confusioni create ultimamente credo vi sia utile sapere che il PM non è un giudice. Nel procedimento penale il PM costituisce la pubblica accusa, esercitando l'azione penale. Svolge le indagini (contro e a favore dell'indagato) con l'aiuto della polizia giudiziaria e del Giudice per le indagini preliminari,  che ammette o rigetta la richiesta di svolgimento di particolari attività.
- La Magistratura di merito non deve essere confusa con la Magistratura di Soerveglianza. La Magistratura di Merito si occupa di tutto ciò che avviene prima di una sentenza (vedi punto 3); la Magistratura di Sorveglianza si occupa della fase di esecuzione della pena.
- Il funzionamento dei processi, i singoli istituti giuridici e i compiti degli addetti ai lavori sono temi molto complessi (un compendio di Diritto Processuale Penale ha in media oltre 1000 pagine, ed è solo la teoria!) ed è impensabile spiegarli in poche righe.
Questa è la semplificazione schematica di un procedimento penale (clicca sull'immagine per ingrandirla), mi sembra evidente la sua complessità:

Giada Iovino
((CONTINUA))

La prima parte qui.

2 commenti:

  1. é molto interessante Giada, attendo il seguito, non temere di entrare nel tecnico: ti sai spiegare bene e ne vale la pena.

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  2. Sembra un trattato sulle difficolta del nostro paese. Per la lungaggine dei procedimenti, i mezzi dovrebbero esser meglio distribuiti, non si spiega il concentramento di toghe nei ruoli "comodi" a discapito di quelli di "frontiera". La seplice istituzionalizzazione della posta certificata potrebbe far guadagnare tempi per notifiche e convocazioni senza variare o spendere un euro, anzi. Il sistemi giudiziari, come quelli edilizi o sanitari nel nostro paese sono volutamente farraginosi perchè sovvenzionano quantità di menti per lo più incocludenti e spesso altezzose per il solo fatto di occupare una posizione dominante...ma per rispondere a tutti i tuoi punti ci vuole un'altro post...;-)

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